
La storia naturale e umana di questo meraviglioso colle è una storia complessa e affascinante, di cui alcuni passaggi restano misteriosi.
Vogliamo provare a raccontare alcuni aspetti di questo luogo così amato e frequentato, perché gli eventi del passato hanno il potere di fare luce su quelli attuali.
Cos’è il Montello
Il Montello è una collina che si innalza isolata nell’alta pianura veneta.
Si allunga in senso NE-SO per circa 13 km, è largo 5 km e raggiunge, nel suo punto più alto, i 371 m s.l.m.
Il fiume Piave lo separa dall’area prealpina a Nord e dalle colline di Conegliano a Est; ad Ovest un antico alveo del Piave lo divide dal Montelletto (la collina di Montebelluna), verso Sud si apre invece la pianura.
Grazie alla sua collocazione presenta caratteristiche di transizione tra la pianura, l’ambiente fluviale e montano.
La sua origine si deve alla pressione delle masse continentali, che a partire da 2-3 milioni di anni fa hanno portato all’emersione di un’ “increspatura” della superficie, il Montello appunto.
Tali forze sono ancora attive e continuano la loro paziente e lenta azione: una serie continua di piccole scosse di terremoto, raramente percepibili, lo portano ad un lento e continuo innalzarsi (0,5-0,7 mm annui).
A dare al Montello la sua forma attuale hanno contribuito anche l’azione del Piave, gli effetti delle glaciazioni, i fenomeni carsici.
Il sottosuolo del Montello è costituito prevalentemente da conglomerato (una roccia sedimentaria in cui ciottoli di varia pezzatura sono saldati da carbonato di calcio). Fenomeni fisici e chimici agiscono su questa roccia, e a ciò è dovuto lo spiccatissimo carsismo del colle. Esso si esprime in superficie nelle 2000 doline che rendono il suo paesaggio ondulato, e in profondità, nelle numerose grotte e corsi d’acqua sotterranei, alcuni dei quali sfociano alla base: a Nord, presso grotte-sorgenti come il Buoro di Ciano e il Tavaran, e a Sud il Forame (sorgente del Giavera).
Oggi il suo paesaggio si presenta dominato da boschi (soprattutto robinieti) intervallati a prati e aree coltivate, dove la vigna glera occupa sempre più spazio.
Il Montello non è sempre stato così: durante le oscillazioni climatiche degli ultimi 100.000 anni ha ospitato fauna e flora tipica di ambienti freddi, che regredivano nei periodi più caldi. Al termine dell’ultima glaciazione, e col successivo aumento delle temperature (5000-7000 anni fa), la vegetazione si è andata assestando in una foresta mista, con querce, aceri, carpini, faggi, tipologia di bosco comune a quasi tutta la pianura padano-veneta e che sul colle si è fondamentalmente conservata fino alla fine della dominazione della Repubblica di Venezia.
Preistoria, paleoveneti e romani
Alla preistoria risalgono le prime tracce di frequentazione umana del Montello, testimoniata da antichi manufatti, rinvenuti soprattutto verso il Piave, ma anche in alcune stazioni d’altura.
In seguito (età del Ferro, dal IX al II sec. a.C.) si evolve in Veneto la cultura paleoveneta, che ha in Montebelluna uno dei suoi centri principali. Quale ruolo avesse il Montello all’epoca non ci è dato sapere, ma pare che il montebellunese facesse parte di una importante direttrice commerciale che univa i territori montani alla pianura.
Alcuni dischi votivi (dischi in bronzo, lavorati a sbalzo e rappresentanti figure di sacerdotesse) provengono dall’area di Montebelluna e sono oggi conservati presso il museo archeologico di Treviso. Tali reperti suggeriscono l’esistenza di un luogo di culto importante, di cui non conosciamo la collocazione.
Il Montello entra nell’orbita romana nel II secolo. In quest’epoca in Veneto le foreste erano ancora molto estese e il Montello rientrava in quella che era chiamata selva Fetontea, destinata a svanire poco a poco, e di cui il bosco del Montello è stato l’ultimo pezzo a scomparire.
Medioevo: feudatari e comuni
Nel periodo medievale si ha un’ antica menzione del Montello in un documento risalente al 994, dove il colle viene citato tra le proprietà concesse dall’imperatore Ottone III a Rambaldo. Da questo atto ufficiale si può intuire che, almeno sulla carta, il colle fosse una proprietà imperiale. Il Rambaldo a cui ci si riferisce era un Collalto, famiglia di feudatari molto potenti, in progressiva ascesa come rappresentanti del potere imperiale a Treviso e in questo tratto strategico del Piave.
Ai Collalto si deve anche la fondazione (nell’undicesimo secolo) dell’abbazia benedettina di S.Eustachio a Nervesa.
Oltre ai Collalto, il Montello nel medioevo era in mano anche al vescovo di Treviso, mentre monasteri e altre realtà ecclesiastiche possedevano qui dei beni di minore estensione.
Verso il 1200 l’area del Montello è parte del contado di Treviso e, nel 1300, compaiono le prime tracce di uno sfruttamento organizzato del bosco, assieme alle prime multe per furto di legname.
La Repubblica di Venezia
Questa attenzione al bosco diverrà più marcata dopo il 1339 (soprattutto dal 1450 circa), anno in cui Venezia estende i propri domini in questa parte della terraferma.
Durante la gestione della Repubblica, il Montello entra a far parte di una rete di boschi gestiti in modo ben organizzato, che fornivano legname all’importante industria navale veneziana. Dal Montello, in particolare, provenivano i roveri che servivano a costruire la parte emersa delle navi, mentre le farnie dei boschi di pianura venivano utilizzate per la parte sommersa, le conifere provenienti dai boschi cadorini, coi loro fusti alti e dritti, per la costruzione degli alberi e i faggi del Cansiglio per i remi. La selva del Montello, oggetto di sapienti pratiche selvicolturali,sarà sfruttata per 300 anni senza essere impoverita.
Per quanto riguarda i rapporti con la popolazione, la Repubblica di Venezia si serviva degli abitanti locali come boscaioli e riconosceva loro una serie di diritti di sfruttamento della selva (libera raccolta delle ghiande, delle foglie, dei rami), ma era assolutamente intransigente con il furto del legname, così prezioso per la sua economia. Questo ha portato all’ inasprirsi delle multe in caso di furto, a maggiori controlli, fino all’allontanamento delle famiglie che vivevano nella collina e, alla fine del 1500, alla recinzione del colle.
Il declino della Repubblica alla fine del XVIII secolo va di pari passo col declino del bosco e con l’impoverimento della popolazione.
Il XIX secolo: gli austriaci, il Regno d’Italia, la Riforma Bertolini
All’inizio del XIX secolo, con la dominazione austriaca, si viene a creare una situazione sempre più tesa tra gli amministratori, che tentavano di proteggere il bosco demaniale, e la popolazione del Montello, che, spinta dall’indigenza e forte di antiche pratiche tradizionali, continuava ad attingere alle risorse della selva. In questa fase i rappresentanti dei comuni sostenevano i “bisnenti” (gli abitanti più poveri) consapevoli della situazione critica in cui si trovavano e di come questa potesse portare a pericolose sommosse.
Dalle relazioni risalenti al periodo si capisce come le “ruberie” fossero ben organizzate, fatte da boscaioli riuniti in squadre e sostenuti dalla popolazione locale.
Nel 1866, il Veneto entra a far parte del Regno d’Italia. Per rendere l’idea di quale fosse stato il degrado del bosco ci basta riportare due dati:
Nel 1586 Giacomo Giustinian parla di 11 milioni di roveri.
Nel 1867 sono meno di 1.700.000.
In una relazione del 1874 si stima che sul colle vivessero circa 3000 persone, la cui unica professione era il saccheggio boschivo. Nei documenti vengono descritti duramente, come ladri e derelitti, ma ovviamente questi documenti ci riportano il parere degli amministratori, e non ci dicono cosa queste persone pensassero di se stesse e della propria condizione.
Nel 1892, nel tentativo di risolvere la difficile situazione, il Montello viene sdemanializzato e diviso in lotti, per metà venduti a privati, per metà assegnati a oltre 1220 famiglie povere.
Questa riorganizzazione del colle è passata alla storia come “Riforma Bertolini”, dal nome del suo principale sostenitore.
L’esperienza insegna che non basta la terra per trasformare un boscaiolo in un agricoltore, e i nuovi proprietari, lasciati a se stessi, di rado riuscirono a mettere a coltura i loro appezzamenti e a ricavarne di che vivere, molti decisero di vendere le loro quote, molti emigrarono, lasciando quello che era da sempre stato il loro mondo.
Il XX secolo
All’inizio del 1900 sul Montello si era avviata la faticosa trasformazione in area agricola, poi a fermare questo processo fu la guerra. Nelle ultime fasi del primo conflitto mondiale il fronte arretrò infatti fino ad assestarsi sulla linea Piave – Montello. Gli abitanti furono sfollati, lasciarono le case e i campi, diventando profughi. Le esigenze belliche comportarono nuovi tagli di alberi, infuriarono battaglie sanguinosissime, che lasciarono un deserto.
Al termine della guerra prende sempre più piede la robinia, che da allora rimane l’essenza arborea più diffusa.
Nuovi cambiamenti si ebbero dalla fine della seconda guerra mondiale, quando la ricostruzione e la diffusione delle industrie portarono a forti cambiamenti economici e sociali e all’abbandono dell’agricoltura, che da occupazione principale divenne attività secondaria per molte famiglie, famiglie che spesso decisero di lasciare la collina per trasferirsi nella pianura sottostante, più comoda e fornita di servizi.
Il Montello oggi: bosco e molto di più
Questa trasformazione della pianura, sempre più abitata e industrializzata, segnata dalla diffusione di un sistema agricolo che ha comportato l’impoverimento e banalizzazione dell’ambiente, rende ancora più importante il rispetto della natura del Montello, e delle leggi che la tutelano, perché proprio da qui potrebbe partire un nuovo processo di espansione di elementi della flora e della fauna che vi si sono conservati. Infatti rispetto alla pianura questa è una zona ancora ricca di biodiversità e fondamentale per la sua conservazione.
Il riconoscimento dell’unicità del Montello e dell’importanza delle sue caratteristiche naturali lo hanno fatto diventare parte della rete europea di aree protette “Rete Natura 2000”.

Possiamo notare che nella lunga storia umana del Montello si sono sempre fronteggiati, in un clima conflittuale, diversi modi di intendere la gestione del territorio.
Questo accade ancora oggi, quando alla volontà di espandere le colture più remunerative si oppone il bisogno di proteggere gli ambienti naturali qui presenti, per garantire il mantenimento dell’equilibrio ecologico.
Un altro elemento su cui poniamo l’accento è una secolare attenzione al bosco, che è stato a lungo il fulcro dei conflitti e l’elemento economicamente più importante. Molte persone, se pensano al Montello, pensano anche oggi al bosco, mentre altri ambienti sono in genere ignorati e la loro importanza passa sotto silenzio. Tra questi l’insieme di piccole sorgenti e stagni, e i prati, che sono elementi fondamentali per la biodiversità. Soprattutto la compresenza di differenti ambienti, con le aree di passaggio tra l’uno e l’altro, crea una situazione favorevole ad un gran numero di specie, che il solo bosco, il solo prato, i soli stagni, non potrebbero supportare. Oggi è necessario prendere coscienza della loro importanza e del loro valore.