Oggi parleremo di una componente essenziale dell’ecosistema boschivo. Essenziale, ma in genere poco considerata, diciamo anche vittima di parecchi pregiudizi: la necromassa.
La necromassa altro non è che il legno morto, a vari livelli di decomposizione.
Un tempo la presenza di rami e alberi morti nel bosco era considerata segno di incuria e fonte di pericolo, perché si riteneva che questi materiali fossero principio di malattie per altre piante.
Di fatto, sul Montello è ancora oggi molto apprezzato il cosiddetto bosco “net”, ovvero pulito, privo di sottobosco e detriti. E’ un probabile retaggio dell’antico sfruttamento boschivo, che consisteva nel prelievo di fusti da opera e da ardere, nonché del fogliame secco, buono come lettiera per il bestiame. Ogni pianta morta, senescente o non del tutto sana, ogni ramoscello caduto veniva prontamente rimosso.
Questo approccio non deve stupirci, la maggior parte dei boschi italiani ed europei è fortemente plasmata dall’uomo e gestita in modo da ricavarne beni economici in senso stretto. Insomma l’ecosistema bosco non viene quasi mai lasciato alle proprie dinamiche.
Oggi questa visione è in parte superata e si guarda a questi habitat in modo più ampio, tenendo conto che si tratta di ambienti necessari alla conservazione della biodiversità, al mantenimento dell’equilibrio idrogeologico, allo stoccaggio di carbonio, al contrasto ai cambiamenti climatici. Tutti servizi ecosistemici da considerare non in opposizione, ma integrabili agli aspetti economici, in quanto contribuiscono a rendere sostenibile l’azione umana su questo maltrattato pianeta, generatori di beni comuni come la salute e la sicurezza.

Il legno morto è componente determinante dell’equilibrio boschivo e da alcuni anni ne viene riconosciuta l’importanza, al punto da essere utilizzato come indicatore di qualità ambientale. E non basta che ci sia qualche ceppaia a terra, è necessario che il legno sia in quantità sufficiente, che sia a vari livelli di decomposizione, che provenga da piante di diverse specie. Tutti questi elementi sono utili alla formazione di microhabitats, in cui piante, funghi e piccoli insetti aiutano a mantenere l’equilibrio dell’ambiente circostante grazie ad una simbiosi costante

Pensateci: in un bosco non gestito dall’uomo sarebbero presenti alberi giovani e maturi, alberi senescenti, alberi caduti, rami spezzati, legno morto da poco o da molto tempo, e sarebbe tanto. Nelle foreste vetuste europee raggiunge i 300 m cubi per ettaro, in Italia non supera in media 10 m cubi per ettaro.

È in ambienti come questi che tante specie animali e vegetali si sono evolute, imparando a sfruttare ogni risorsa.
In particolare vi sono organismi che si nutrono di legno morto o in via di decomposizione definiti “saproxilici”. Questi ultimi, contribuiscono all’incremento della catena alimentare grazie alla presenza di altri insetti del legno, ad esempio scolitidi, piccoli coleotteri lignicoli, dando origine ad una vera e propria nicchia ecologica.

Se la necromassa non ha mai attirato la vostra attenzione o non avete mai sentito parlare di questi personaggi può sembrarvi cosa da poco. In realtà si stima che il 30% della biodiversità del bosco sia legata alla necromassa: si tratta di microorganismi, funghi, muschi, licheni, di una miriade di insetti che si nutrono di legno marcescente (ad esempio il Cervo volante, Lucanus cervus). E tutti quegli esseri che necessitano di piante morte o morenti per nascondersi o nidificare.

La Natura, nella sua caleidoscopica varietà, non butta via niente, non condivide i nostri preconcetti su ciò che è decoroso vedere quando si va in passeggiata. Un albero morto nel bosco non è degrado, è un buffet!
Tra l’altro non tutti i saproxilici hanno uguali esigenze e abitudini, certo alcuni sono generalisti e si accontentano facilmente, altri sono specializzati e adattati a condizioni molto particolari, dunque per sopravvivere servono loro determinate specie e/o certe fasi di decomposizione del legno.

Ecco un esempio a proposito: lo Scarabeo eremita odoroso (Osmoderma eremita). E’ un rarissimo coleottero che gode di protezione prioritaria nella Comunità Europea e la cui tutela passa proprio attraverso l’individuazione e la difesa dei “suoi” alberi: piante vive, mature e dotate di cavità con legno in decomposizione. Nel legno eroso gli insetti adulti depongono le uova, spesso nella stessa pianta dove sono nati e dove le larve, molto lentamente, si sviluppano.
Segnalato sul Montello fino a qualche decennio fa, non sembra ora rinvenibile, in quanto mancano i vecchi esemplari arborei idonei al suo sviluppo. Non si può dunque che sperare nell’efficacia delle Misure di conservazione adottate.
Se volete approfondire la vostra conoscenza dei microhabitats vi consigliamo di scaricare e utilizzare questa applicazione molto semplice quanto utile: “Tree Microhabitats”. A seguire i link agli store digitali da dove potete scaricarla.
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