Gli alberi, il muschio morbido, l’improvviso levarsi in volo di un uccello tra i rami. Il bosco è un luogo magico, e lo è sempre. Bisogna ammettere però che in queste settimane è davvero speciale: è il bosco in stato di grazia.
Prima vengono le verdi, bizzarre fioriture degli ellebori (Helleborus viridis), poi i bianchi bucaneve (Galanthus nivalis) e i campanellini (Leucojum vernum). Ed ecco che in un attimo il sottobosco si veste di una miriade di colori e forme. È il momento delle geofite di primavera.
Le geofite, lo ricordiamo, sono piante erbacee perenni che durante l’inverno perdono la parte aerea e sopravvivono grazie a organi sotterranei come bulbi, tuberi e rizomi.
Queste piante sono dunque nascoste alla nostra vista per parte dell’anno, avvolte dalla terra e all’apparenza inattive, ma pronte ad una formidabile esplosione di vita e colore. Tanto improvvisa che ci coglie sempre di sorpresa e tanto breve da apparire ancora più preziosa.
L’epatica (Hepatica nobilis) è una geofita rizomatosa, cioè possiede un fusto sotterraneo da cui si sviluppano gemme e radici, ed è l’unica rappresentante del suo genere presente in Italia.
Questa piccola ranuncolacea prende parte allo spettacolo della primavera coi suoi fiori violetti e le belle foglie trilobate; suoi sono i boschi di querce e faggi, ricchi di humus e ombra, perché l’epatica sfugge il sole.
La sua fioritura dura solo pochi giorni e tra poco sarà terminata, per ammirarla nuovamente bisognerà aspettare il prossimo anno.
Passeggiando nel bosco potrebbe venirci la tentazione di raccogliere qualche bel fiore, ma dobbiamo imparare a resistere, non solo perché alcune specie sono protette, ma anche nell’ottica di un nuovo rapporto tra uomo e natura, dove a prevalere siano l’attenzione e la cura per forme di vita che hanno diritto ad essere conservate nel proprio habitat.
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